Maltrattamento, responsabilità del veterinario

Gli animali non sono più considerati, meramente, in funzione del loro rapporto con l’uomo. Quindi pensando alla loro capacità di soddisfare gli interessi delle persone, le richieste e le esigenze dell’uomo. Col tempo, si comincia a tenere in considerazione, sempre più significativamente, la possibilità di accordare protezione direttamente agli animali in quanto autonomi centri di interesse. Questo processo produce un effetto: sul piano giuridico gli animali vengono elevati da “res” a soggetti di diritto. E qual è, quindi, la conseguenza sulla responsabilità del medico veterinario in casi di maltrattamento?

La condotta omissiva intenzionale del veterinario che, consapevolmente e deliberatamente, non appresta al paziente animale le cure dovute integra la fattispecie di cui all’art. 544 ter c.p. (maltrattamento di animali) eventualmente aggravata dalla morte (comma 3).

Se l’evento letale (causalmente collegato alla condotta omissiva del veterinario) è da quest’ultimo prevista quale possibile conseguenza del cui verificarsi egli accetta il rischio, risponderà del reato di uccisione di animale di cui all’art. 544 bis c.p. Se, viceversa, la morte non è conseguenza causalmente riconducibile alla condotta omissiva, quest’ultima resta penalmente irrilevante, salva la eventuale valutabilità in sede civile. Appare dunque evidente il vuoto legislativo in relazione all’ipotesi di errata cura (e/o errata diagnosi) del medico veterinario. Siffatta condotta potrebbe rilevare a titolo di colpa professionale che tuttavia, come ampiamente chiarito, non trova, allo stato, copertura nell’ordinamento penale, configurandosi le fattispecie di cui agli artt. 544 bis e seguenti c.p. quali delitti dolosi, ferma restando l’eventuale responsabilità civile.